il quadro

Ricetta elettronica, cos’è e tutti i suoi problemi

Ancora tanti nodi da sciogliere per la ricetta media elettronica. Da ostacolo la mentalità dominante nella PA e tra gli utenti che restano poco pratici e sospettosi verso l’ICT. Interessante notare una maggiore diffusione nelle regioni in ritardo sul FSE, che è di più difficile implementazione. Le novità legate al covid-19

Pubblicato il 03 Apr 2020

Anna Francesca Pattaro

Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Comunicazione ed Economia

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La ricetta elettronica del Servizio Sanitario Nazionale è stata introdotta ormai da diversi anni nel nostro Paese, tuttavia la sua applicazione sul territorio nazionale ha evidenziato alcune criticità che vanno risolte in una prospettiva di implementazione ed efficace utilizzo degli strumenti in cui si sostanzia la sanità digitale.

Cos’è la ricetta elettronica e il suo percorso applicativo

L’obiettivo dell’introduzione della prescrizione medica elettronica di farmaci e prescrizioni è legata a obiettivi di potenziale miglioramento in termini di efficienza nel SSN:

  • risparmio di risorse finanziarie,
  • velocizzazione della procedura,
  • miglior monitoraggio della spesa e dell’appropriatezza in tempo reale
  • potenziali miglioramenti nell’efficacia del SSN
  • e migliore impatto sulla cittadinanza per esempio attraverso una riduzione della burocrazia e una relativa semplificazione del percorso di cura e prevenzione.

La ricetta dematerializzata, o ricetta elettronica online, dovrebbe in effetti rappresentare il risultato finale del progetto avviato con l’approvazione dell’art. 50 della L. 326/2003 “Monitoraggio della spesa farmaceutica e specialistica a carico del SSN” che ha introdotto la ricetta (cartacea) standardizzata, la tessera sanitaria e l’obbligo di invio dei dati di tutte le ricette da parte prima delle farmacie (2008) e poi dei medici (2011), allo scopo di realizzare misure di appropriatezza delle prescrizioni, attribuzione e verifica del budget di distretto, farmacovigilanza e sorveglianza epidemiologica.

Essa consiste in un documento rilasciato da un medico dipendente del SSN o convenzionato con esso, ossia medici di famiglia, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, medici delle aziende ospedaliere o medici di strutture sanitarie di diritto privato accreditate con il Sistema Sanitario Regionale, medici specialisti ambulatoriali convenzionati e medici di guardia turistica.

È quindi anche un atto amministrativo che consente al cittadino:

  • di acquistare farmaci a totale o parziale carico del SSN, nei limiti previsti dai livelli di assistenza e dalla classificazione dei farmaci stessi;
  • di richiedere prestazioni specialistiche o diagnostiche sia in strutture pubbliche che private, queste ultime solo se accreditate.

Tuttavia, sono ancora escluse dalla nuova modalità di prescrizione alcune classi di farmaci, come ad esempio le sostanze stupefacenti o psicotrope, e le prescrizioni per erogazione diretta in continuità assistenziale, le quali continueranno a essere prescritte tramite il formato cartaceo già in uso.

Il D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 ha definito un percorso per la graduale sostituzione delle prescrizioni mediche in formato cartaceo con le prescrizioni in formato elettronico, stabilendo che le Regioni e le Province Autonome “provvedono alla graduale sostituzione delle prescrizioni in formato cartaceo con equivalenti in formato elettronico, in percentuali che, in ogni caso, non dovevano risultare inferiori al 60% nel 2013, all’80% nel 2014 e al 90% nel 2015″.

Si era inoltre stabilito che “dal 1° gennaio 2014, le prescrizioni farmaceutiche generate in formato elettronico sarebbero state valide su tutto il territorio nazionale”. La ricetta elettronica è infatti concepita per assicurare la circolarità delle prescrizioni farmaceutiche in regime convenzionale sull’intero territorio nazionale, per esempio sancendo il diritto all’erogazione dei farmaci presso la farmacia di un’altra Regione.

Sempre in una ottica di ampliamento dell’utilizzo di questo strumento, è stato attivato nel 2019 un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del Mef, dal ministero della Salute e dalle Regioni per estendere la ricetta elettronica alle prescrizioni per cui permaneva la ricetta in modalità cartacea la modalità della ricetta come i piani terapeutici, i farmaci in distribuzione diretta, le prestazioni termali, le prescrizioni per l’assistenza integrativa e l’assistenza protesica, nonché la dematerializzazione dei buoni, utilizzabili sull’intero territorio nazionale, destinati all’erogazione dei prodotti senza glutine per i malati di celiachi.

Tuttavia, fino a pochi giorni fa i medici erano ancora tenuti a produrre un promemoria cartaceo, a tutela in caso di malfunzionamenti dei supporti informatici, che il paziente doveva consegnare in farmacia o presso la struttura medica per ottenere rispettivamente il farmaco o la prestazione sanitaria prescritta e su cui poi per esempio i farmacisti applicavano i cedolini delle confezioni di medicinali e li conservavano e i prestatori di servizi sanitari applicavano altre documentazioni attestanti per esempio il pagamento. Questa sovrastruttura rischiava però di rappresentare un serio limite alla digitalizzazione delle ricette mediche e dunque vanificare il percorso di digitalizzazione in atto nel settore sanitario. Così diverse regioni italiane (come per es. Valle d’Aosta, Veneto, Provincia Autonoma di Trento …) avevano da alcuni anni avviato percorsi per eliminare progressivamente il promemoria cartaceo.

Le novità dell’ordinanza della protezione civile

Una novità significativa nella procedura per ottenere le ricetta elettronica dal medico prescrittore è stata introdotta il 19 marzo 2020 in conseguenza dell’emergenza sanitaria che colpito l’Italia a causa della pandemia del virus Covid-19.

In effetti, il capo Dipartimento della Protezione Civile con l’Ordinanza 00651 del 19 Marzo 2020 “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, ha consentito ai cittadini di ottenere dal proprio medico il “Numero di ricetta elettronica” senza più la necessità di ritirare fisicamente, e portare in farmacia, il promemoria cartaceo.

Come specificato nell’ordinanza “al momento della generazione della ricetta elettronica da parte del medico prescrittore l’assistito può chiedere al medico il rilascio del promemoria dematerializzato cioè l’acquisizione del Numero di Ricetta Elettronica (NRE) tramite:

  • trasmissione del promemoria in allegato a messaggio di posta elettronica, laddove l’assistito indichi al medico prescrittore la casella di posta elettronica certificata (PEC) o quella di posta elettronica ordinaria (PEO);
  • comunicazione del Numero di Ricetta Elettronica con SMS o con applicazione per telefonia mobile che consente lo scambio di messaggi e immagini, laddove l’assistito indichi al medico prescrittore il numero di telefono mobile;
  • comunicazione telefonica da parte del medico prescrittore del Numero di Ricetta Elettronica laddove l’assistito indichi al medesimo medico il numero telefonico”.

Nello specifico, nel caso di utilizzo di posta elettronica il promemoria non deve assolutamente essere inviato come testo compreso nel corpo del messaggio, ma come allegato all’email.

Nel caso invece venga scelto l’invio di un SMS questo deve contenere unicamente il Numero di Ricetta Elettronica.

Lo stesso nel caso di preferenza per il mezzo telefonico (fisso o mobile), solo che in questo caso la comunicazione del NRE deve avvenire naturalmente a voce. Diversamente, l’utilizzo di applicazioni per la telefonia mobile (per es. chat, WhatsApp, Skype…) permette in via alternativa l’invio del NRE o del codice a barre del Numero di Ricetta Elettronica. Infine, nel caso in cui l’assistito abbia attivato il Fascicolo sanitario elettronico (FSE), la Ricetta può essere direttamente inserita nello stesso FSE.

Nella stessa ordinanza, la cui redazione ha coinvolto anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze con l’intesa del Presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, vengono disciplinate anche tutte le modalità operative per farmacie e ASL per i farmaci distribuiti in modalità diverse dal regime convenzionale e per i medicinali che richiedono un controllo ricorrente dei pazienti. (Fonte Ministero della Salute 20/03/2020 e Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2020)

Questa misura si inserisce nell’insieme di provvedimenti posti in atto dal governo nazionale negli ultimi mesi per limitare la circolazione dei cittadini e cercare di arrestare i contagi del nuovo coronavirus denominato Covid-19.

In alcune regioni, come l’Emilia-Romagna, questa misura riguarda anche diversi farmaci per i quali era previsto l’utilizzo delle cosiddette ricette rosse. Sono i farmaci “in distribuzione per conto” come, ad esempio, gli anticoagulanti orali prescritti dai medici di medicina generale in base al piano terapeutico dello specialista.

A livello generale risulta comunque utile svolgere alcune riflessioni su alcuni di nodi ancora da sciogliere riguardanti ricetta medica elettronica e il suo utilizzo.

Lo stato della ricetta elettronica e alcune criticità

Il primo elemento da valutare è l’effettivo livello di diffusione e di utilizzo sul territorio nazionale.

La ricetta elettronica risulta diffusa in tutte le regioni italiane, comprese quelle in cui il Fascicolo Sanitario Elettronico ha in passato stentato ad affermarsi per problematiche tecniche di implementazione, complessità dello strumento e ritardi nella partenza del processo.

In effetti, una indagine condotta nel 2017 da Promofarma, società di servizi informatici di Federfarma, evidenziava come la regione Campania, ancora molto in ritardo nell’implementazione del FSE in quanto ad oggi l’unica regione italiana insieme alla Calabria a non averlo realizzato, risultasse essere quella in cui la ricetta elettronica è più diffusa in percentuale. La stessa considerazione valeva per la regione Sicilia, che si attestava al secondo posto, seguita poi dalla provincia autonoma di Trento, il Molise e il Veneto che in quel momento erano leggermente indietro con la diffusione del FSE, ma che ad oggi sono al dal 95 al 100% di diffusione a livello geografico. In tutte queste regioni l’utilizzo della ricetta elettronica era rilevato intorno al fatidico 90% richiesto dalla legge. Livelli di impiego leggermente inferiori, ma sempre molto elevati (intorno all’80-85%) erano segnalati in Valle d’Aosta, Piemonte, Basilicata, Liguria e Lazio. Lievemente inferiori in Umbria, Puglia, Emilia-Romagna e Lombardia (75-80%); nonché Sardegna, Marche ed Abruzzo (intorno al 70%) e Calabria, Friuli- Venezia Giulia e Toscana (intorno al 65%). In termini assoluti invece, il maggior numero di ricette elettroniche erano come prevedibile erogate nelle regioni più popolose come Lombardia (Lazio, Sicilia e Campania.

Il FSE richiede effettivamente molti investimenti anche a livello infrastrutturale ed un percorso di implementazione molto lungo e complesso, mentre l’adozione della ricetta elettronica risulta relativamente più semplice in quanto strumento di dematerializzazione.

Attualmente, come evidenziato lo scorso dicembre 2019 dal ministro della Salute, Roberto Speranza, in audizione davanti alla commissione “Semplificazione, nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di semplificazione dell’accesso dei cittadini ai servizi erogati dal Servizio sanitario nazionale” attiva in Parlamento, la “diffusione della ricetta elettronica è giunta a un livello di copertura significativamente elevato per l’ambito farmaceutico, assestandosi attorno all’85-90% a livello nazionale”.

Invece per le prescrizioni ambulatoriali dalle rilevazioni fatte per il 2019, il livello di copertura risultava inferiore[1]. I dati sulla diffusione della ricetta elettronica sono dunque in linea con quelli rilevati un paio di anni prima. Il nodo permane sull’efficacia dello strumento, sull’ampliamento delle prescrizioni in cui è utilizzabile e appunto sulla permanenza, almeno per alcune prescrizioni, del promemoria cartaceo.

Un problema che emerge dopo la recente Ordinanza del Dipartimento della Protezione Civile del 19 marzo riguarda però la gestione dei dati sanitari per evitarne l’uso improprio.

In effetti l’Ordinanza non specifica i criteri di sicurezza (Art. 32 GDPR) per l’invio del promemoria e del Numero di Ricetta Elettronica, né tantomeno accenna alle modalità di invio dell’allegato (es. Pdf cifrato, archivio Rar ecc.) per cui si rendono necessarie delle ulteriori valutazioni per una maggiore aderenza alla normativa in materia di protezione dei dati personali, in questo caso particolarmente delicati trattandosi di informazioni sulla salute.

Come evidenziato da alcuni esperti[2] la protezione dei dati in sanità si deve basare sull’ottemperanza alle disposizioni previste dalla normativa in materia: il GDPR, il Codice Privacy previsto dal D.lgs.101/2018, le norme sulla sanità digitale (relative a FSE, DSE, app, etc.) e quelle sulla ricerca scientifica e biomedica nonché i principi di pertinenza e non eccedenza anche a fronte di finalità legittime la raccolta di dati. Si impone inoltre naturalmente anche il divieto di diffusione dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute e, infine la necessità di fornire informazioni all’interessato in ottemperanza del GDPR e del codice sulla Privacy e dunque la conservazione, modifica (ed eventuale nuova raccolta) del consenso alle prestazioni.

Inoltre perché la ricetta elettronica funzioni veramente, è necessario continuare a investire sul coinvolgimento attivo degli operatori sanitari – medici di medicina generale e loro segretari in primis – nel processo di definizione delle regole di applicazione e implementazione della innovazione delle ricette, nonché formarli (es. al software e alle procedure, alla tutela dei dati personali e della privacy …) in modo adeguato e motivarli per aiutarli a superare meglio le difficoltà applicative (es. momentanei malfunzionamenti tecnologici) e per interiorizzare meglio il cambiamento, che non dovrebbe essere percepito come una imposizione normativa, ma come una opportunità per lavorare meglio e in modo più snello. Nonché per facilitare la vita ai cittadini e pazienti: finora, soprattutto in alcuni contesti, il cambiamento di mentalità non è avvenuto appieno e col permanere del promemoria cartaceo il paziente è rimasto fortemente vincolato nella procedura per ottenere una prescrizione, la dematerializzazione è rimasta a metà e dunque la semplificazione nell’accesso alle cure non è risultata particolarmente efficace.

Da ultimo infatti ad oggi risulta ancora complicato riuscire a dominare e modificare la mentalità dominante in parte della PA, ma soprattutto della cittadinanza. Una grossa fetta degli utenti dei servizi sanitari sono in effetti persone anziane che normalmente si mostrano poco pratiche e sospettose nei confronti delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). È difficile convincere e garantire loro che il promemoria cartaceo sia inutile, così come la visita dal medico di famiglia per ritirarlo e la consegna in farmacia del foglio di carta che dimostra il diritto ad ottenere/acquistare un farmaco. Questa sfiducia nelle ICT è strettamente connessa con la necessità di garantire infrastrutture internet stabili e uniformi sul territorio nazionale per eliminare le situazioni di mancato funzionamento e/o ritorno forzato alla carta.

Conclusioni

Per concludere è significativo che una situazione di emergenza globale, quale la pandemia in corso, sia stata foriera di una semplificazione amministrativa, nonché di un utilizzo più snello, efficace ed efficiente delle tecnologie ormai da lungo tempo a disposizione. La formalizzazione delle procedure nella PA e le relative garanzie sono state parzialmente superate dall’emergenza e dalla tutela del diritto primario alla salute pubblica. Questo è in linea con quanto affermato nella letteratura sull’innovazione, dove le emergenze sono considerate come uno dei fattori che spingono all’introduzione di innovazioni, tecnologiche e non.

È evidente che con riferimento alla ricetta elettronica, alcune criticità nel suo utilizzo sono ancora evidenti, ma sono comuni a molti strumenti di sanità digitale: diffusione, tutela dei dati personali, privacy, coinvolgimento degli operatori, semplificazione delle regole, investimenti in tecnologia, interventi sulla mentalità di operatori della PA e soprattutto utenti.

Bisognerà quindi non esitare ulteriormente e continuare ad agire su molte dimensioni e contemporaneamente per riuscire a scioglierle adeguatamente e non perdere l’ennesima occasione di offrire servizi migliori a tutti i cittadini.

______________________________________________________________________

  1. Il ministro in quella occasione aveva anche evidenziato che la dematerializzazione della ricetta elettronica, insieme al Fascicolo sanitario elettronico, ricetta elettronica veterinaria e il Piano nazionale per le liste di attesa rappresentano le quattro direttrici principali che il Governo intende perseguire, in tema di semplificazione per il comparto salute.
  2. Vedi per es. https://dev.agendadigitale.eu/sanita/ricetta-elettronica-taglia-burocrazia-ma-occhio-alla-privacy/

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