cartelli digitali

L’intelligenza artificiale crea nuovi monopoli? Ecco i tre rischi principali

Concentrazione di dati in una stessa azienda, possibilità di discriminare perfettamente i prezzi con la profilazione e risposte sempre uguali alle stesse richieste: così gli algoritmi possono distorcere la concorrenza. Gli attuali strumenti Antitrust sono però adeguati al problema

Pubblicato il 10 Mag 2018

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

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1Uno dei più importanti temi da discutere in relazione al rapporto fra Intelligenza Artificiale ed economia è sicuramente l’impatto che queste nuove tecnologie avranno sulle politiche antitrust. Una particolare attenzione va dedicata ai cosiddetti cartelli digitali, ossia alla possibilità che si verifichino forme di collusione fra le imprese o creazione di concentrazione di imprese come conseguenza dell’utilizzo di tecnologie di Intelligenza Artificiale. L’obiettivo finale di queste strategie sarà ovviamente quello di influenzare i prezzi di mercato o di acquisire un potere di mercato distorcendo la concorrenza.

Machine learning, big data e gestione monopolistica dei mercati

L’utilizzo su larga scala di algoritmi di machine learning connessi con la disponibilità di big data apre frontiere sconfinate a nuove forme di concorrenza, alcune lecite, altre che sconfinano pericolosamente verso forme di gestione monopolistica o oligopolistica dei mercati.

In un tale scenario forme aggressive di collusione o di concentrazione potrebbero crescere a dismisura distorcendo il corretto funzionamento concorrenziale dei mercati.

AI e nuove forme di distorsione della concorrenza

Una prima forma di collusione consiste nell’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale che hanno la stessa architettura e la stessa base dati. In questo caso è fin troppo ovvio che vi saranno risposte uguali ad ogni richiesta. Il sistema bancario, oggi, basa, ad esempio, su algoritmi di intelligenza artificiale la verifica della solvibilità dei clienti. Se l’architettura dell’algoritmo è uguale e i big data a cui si fa riferimento sono uguali, tutte le banche concederanno le stesse condizioni a ciascun cliente. Se l’asticella è fissata in alto, si raziona il mercato del credito, facendo crescere i profitti per le banche e diminuire le potenzialità di credito per i consumatori.

Una seconda forma di distorsione della concorrenza è quella che si può verificare attraverso l’elaborazione dei dati che derivano dalla profilazione degli utenti con la possibilità di discriminare perfettamente i prezzi. Questa operazione assicura un potere di mercato enorme a coloro che sono in grado di controllare i dati sulla profilazione con la conseguenza di una facilità di eliminazione dei concorrenti. Addirittura di potrebbe arrivare a forme di collusione algoritmica che manipolando le informazioni spostino in alto l’asticella dei prezzi di mercato.

Big data e concentrazione del mercato

Un ulteriore aspetto da considerare in relazione alla concorrenza dei mercati è il concetto di concentrazione.

Il concetto tradizionale di concentrazione era basato sulla quota di mercato. Questo concetto appare inadeguato allo studio di quelli che potremo chiamare i trust 4.0. Il potere di mercato in presenza di big data e di intelligenza artificiale non dipende dalla quota di mercato, bensì dalla mole di dati posseduta e dalle capacità di elaborazione e di calcolo. Un’impresa che concentra grandi quantità di dati e grandi capacità di elaborazione e di calcolo è in grado esercitare un potere di mercato, distorcendo la concorrenza. Ciò significa che le nuove concentrazioni non devono essere valutate solo sulla base del fatturato, ma anche e soprattutto sulla quantità di dati possedute e sulle risorse in termini di capacità di elaborazione e di calcolo. Anche le recenti acquisizioni e i recenti accordi commerciali vanno considerati in questa luce. Ad esempio le aggregazioni Facebook/WhatsUp, Microsoft/Linkedin valgono molto di più in termini di potere di mercato della mera somma dei fatturati.

Nuovi strumenti e politiche antitrust sono inutili

La domanda che a questo punto nasce spontanea è se servono nuovi strumenti di controllo e nuove politiche antitrust. La risposta è no. Gli strumenti tradizionali della politica antitrust funzionano perfettamente anche nello scenario 4.0. Tuttavia questi strumenti devono agire su variabili diverse da quelle che precedentemente si prendevano in considerazione. Devono considerare l’informazione e la capacità di elaborazione come origine e fonte di un potere di mercato e considerare le aggregazioni fra imprese non solo in relazione al fatturato. La cassetta degli attrezzi del decisore politico deve poi contenere anche strumenti di protezione dei dati e tutela della privacy per evitare abusi (vedi il caso di Cambridge Analityca e Facebook ) e strumenti di protezione del consumatore aumentando il gradò di trasparenza e di comprensione dei processi, inserendo ad esempio il diritto a conoscere il sorgente dell’algoritmo le cui decisioni influenzano la sfera personale di ogni cittadino.

Non cambiano quindi gli strumenti, ma cambia il modo di applicarli e cambia il mix che deve essere usato per una corretta regolazione. Rimodulare le politiche antitrust in presenza di big data e di Intelligenza Artificiale è una delle sfide economiche più importanti dei prossimi anni.

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