Adeguarsi all’obbligo alla fattura elettronica b2b, da gennaio 2019, costringerà aziende e commercialisti a innovare le proprie procedure. Vediamo cosa ci attende, per prepararsi al meglio
Oggi tutti, commercialisti e piccole/micro imprese, sono concentrati sull’avvio dell’obbligo di fare fattura elettronica tra privati che sarà realizzato in due fasi distinte:
– la prima con inizio il 1° luglio 2018 limitatamente alle operazioni relative alle cessioni di benzina, o gasolio per motori, e per le prestazioni di subappaltatori nel quadro di un contratto di appalti pubblici;
– la seconda fase con partenza il 1°gennaio 2019 e con l’avvio dell’obbligo allargato a tutte le operazioni tra soggetti privati, comunemente noto come B2B.
Tale obbligo partirà con le modalità di funzionamento che dovrebbero essere uguali a quelle attuali: dunque il Sistema di Interscambio sarà confermato nel ruolo di sistema di recapito per tutte le fatture elettroniche, sia verso le verso la Pubblica Amministrazione che tra privati.
In questi anni in Italia si è parlato molto spesso della cosiddetta tax compliance, e di come la fattura elettronica tra privati possa far emergere e ridurre l’evasione nell’ambito del gap relativo all’IVA. L’impatto sarà ancora più evidente da gennaio 2019, quando scatta l’obbligo della fattura elettronica tra le imprese. E sarà un impatto notevole sulle attività di aziende e commercialisti, oltre che sull’economia in generale.
Attualmente le iniziative di controllo fiscale, come ad esempio la riduzione del gap relativo all’IVA (vedi immagine sopra), sono portate avanti dai singoli Stati membri dell’Unione europea e non dalle iniziative armonizzate o guidate della stessa Unione. In altre parole oggi uno Stato membro dell’Unione europea sembra che possa modificare in libertà i controlli in materia di IVA se lo scopo finale delle modifiche è quello di combattere le frodi.
In tal senso si sono mossi diversi paesi quali Grecia, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Ungheria. In particolare sono stati previsti nuovi adempimenti fiscali aggiuntivi quali:
Split payment
Italia, Polonia e Romania hanno iniziato, o annunciato, nuove misure per attuare il principio del “fornitore come responsabile fiscale”.
Il campo di applicazione e il metodo variano tra i vari paesi, ma funziona sostanzialmente nello stesso modo, obbligare l’acquirente a dividere il pagamento in due parti:
al fornitore viene pagato l’importo relativo alla cessione di beni o prestazione di servizi esclusa l’IVA,
l’IVA dovuta viene versata direttamente dal fornitore all’Amministrazione Finanziaria, in un suo conto bancario separato e dedicato esclusivamente a tale scopo.
Reverse Charge interno
Con l’espressione inglese “reverse charge” si indica il meccanismo dell’inversione contabile per il quale il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato, è obbligato ad assolvere l’imposta in sostituzione del cedente o del prestatore.
Il meccanismo del reverse charge è stato voluto dall’Amministrazione Finanziaria per evitare che il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi e il cedente o prestatore frodino l’erario, non versando l’IVA o addirittura chiedendone il rimborso.
L’amministrazione finanziaria ha così deciso di trasferire i compiti del cedente dei beni o prestatore di servizi al debitore.
– il cedente o il prestatore emette la fattura, senza addebitare l’imposta, e indicando la norma che include l’applicazione del reverse charge;
– il destinatario integrerà la fattura ricevuta, indicando l’aliquota propria dell’operazione eseguita dal cedente o prestatore, in aggiunta alla relativa imposta e alla registrazione del documento nell’apposito registro delle fatture emesse o dei corrispettivi, e degli acquisti.
Il regime del reverse charge, partito nel settore edilizio si applica anche in altri settori ed è stato introdotto gradualmente nel nostro ordinamento.
In Grecia, ad esempio, lo utilizzano come un modo concentrare la responsabilità per l’elaborazione dell’IVA nella parte che ha più da perdere: l’acquirente.
Controlli in fattura in tempo reale
Gli Stati membri stanno attuando, in materia di iniziative antifrode, l’introduzione di nuovi requisiti di fatturazione che non rientrano nel campo di applicazione delle norme sulla fatturazione elettronica contenute nella Direttiva IVA.
Il quadro di riferimento è molto differente tra Stato e Stato, sono previste diverse modalità d’attuazione della liquidazione delle fatture.
Ciascun sistema dispone di un insieme diverso di regole che richiedono opportunisticamente:
– elementi legati al mondo della dichiarazione IVA,
– sistemi di autorizzazione reali.
Le differenze esistenti, le questioni di interpretazione legale, la mancanza di maturità e molti aspetti di questi nuovi sistemi di controllo in tempo reale delle imposte correnti, rappresentano un costo aggiuntivo molto elevato sia per quanto concerne i sistemi informatici, sia sui processi aziendali. Ad una prima analisi in realtà sembrerebbe che l’impatto non sia notevole, ma il fatto che queste misure entrano in vigore contemporaneamente rappresentano una consistente modifica organizzativa all’interno di ciascun gruppo nonché un livello, senza precedenti, di costi aggiuntivi per l’applicazione degli obblighi fiscali alle imprese all’interno del mercato economico europeo.
Cosa si potrebbe migliorare
Per semplificare e rendere più interessante, funzionale, e logico l’avvio della fattura elettronica obbligatoria in Italia, sarebbe utile introdurre delle modifiche alla Manovra 2018 quali:
Secondo i dati dell’Osservatorio fattura elettronica & e-commerce B2b del Politecnico di Milano oggi la Fattura elettronica verso la Pubblica Amministrazione è un sistema ormai consolidato con più di 76 milioni di file inviati, mentre sono circa 55 milioni le Fatture B2b trasmesse tramite sistemi EDI nel 2016 e solo 82.000 quelle tramite Sistema d’Interscambio dal mese di gennaio 2017 (data di avvio della fatturazione elettronica tra privati).
In Italia esistono oltre 5 milioni di imprese, suddivise nel seguente modo:
– grandi imprese 0,1 %
– piccole e medie (PMI) 5,0 %
– micro imprese 30,0 %
– imprese individuali 64,9 %
Dai dati sopra indicati emerge chiaramente come il 94,9 % delle imprese non siano dotati di una struttura amministrativa propria e, conseguentemente, devono esternalizzare la gestione dell’amministrazione e contabilità all’esterno, e questo vuol dire rivolgersi ai Commercialisti ed ai loro studi.
La Fattura è solo uno dei tasselli di un processo più esteso: il Ciclo dell’Ordine. L’anno scorso sono stati circa 100 milioni gli altri documenti del Ciclo (come ordini, avvisi di spedizione, Ddt, ecc.) scambiati via EDI.
A livello dei comparti più importanti il transato B2b è pari a 2,7 miliardi di euro, di cui 0,5 verso l’estero, e la suddivisione è la seguente:
– largo consumo 13 %
– metalmeccanico 9 %
– automotive 6 %
– utility 5 %
– pubblica amministrazione 5 %
– costruzioni 4 %
– tessile 4 %.
2) Con l’avvio dell’obbligo di fattura elettronica tra privati è stato confermato il regime vigente nel precedente regime opzionale (D.Lgs. n.127/15) in merito alla semplificazione relativa alla riduzione di due anni dei termini di accertamento per i soggetti che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti. Si chiede di inserire nel provvedimento in discussione anche le agevolazioni connesse ai rimborsi IVA, che avrebbero potuto essere mantenute, e che invece inspiegabilmente non sono state riprese nel testo in esame.
A queste prime ipotesi di miglioramento del sistema “fiscale” relativo alla fattura elettronica obbligatoria tra privati, va aggiunto l’aspetto della convenienza economica, per l’intero sistema paese, nell’avviare questo adempimento fiscale obbligatorio, perché non bisogna vedere la fattura elettronica come una “cosa” a sé stante, ma deve essere vista come parte integrante del processo aziendale di gestione.
In conclusione
Se oggi l’imprenditore continua a lavorare come ha sempre fatto, credo che debba iniziare a preoccuparsi seriamente.
Questi anni richiedono un approccio di “distruzione” dei processi gestionali ed organizzativi nelle imprese. La tecnologia cambia radicalmente tutto e, soprattutto, il mercato.
Vanno ripensati i modelli, i processi e perfino i concetti alla base del nostro lavoro, e tale attività deve essere fatta coinvolgendo sinergicamente competenze tecniche ed umanistiche, perché esse oramai sono inscindibili.
Solo così sarà possibile ottenere i massimi benefici dall’applicazione dell’interoperabilità dei dati, basata su standard, che la fattura elettronica porterà. Permettendo in questo modo di liberare risorse umane impiegate in attività a scarso valore aggiunto, come l’inserimento manuale delle fatture cartacee nei sistemi gestionali, in attività che permettono di migliorare l’efficienza e l’efficacia della gestione.
Ma questo sarà possibile solo se si pianificheranno, in modo adeguato e tempestivo, i processi di cambiamento che vedono necessariamente in primis il coinvolgimento delle persone, per informarle e prepararle adeguatamente, per poi avviare nuovi processi gestionali in cui l’attività sarò di controllo e non di inserimento dei dati.
Intanto in molti paesi, tra cui l’Italia, si stanno progettando sistemi evoluti di gestione degli adempimenti fiscali basati sulla tecnologia Blockchain.
Credo che tutte le imprese ed i commercialisti dovrebbero concentrare i loro sforzi, la loro attenzione non verso l’angoscia ed il rifiuto ostinato della fattura elettronica, ma verso l’avvio del processo di cambiamento, anche gestionale, per pianificare i loro investimenti verso l’innovazione che sta cambiando il mondo e che, oggi, non è sufficientemente percepita. Il mondo è già andato (molto) oltre la fattura elettronica.
E il cambiamento portato dall’innovazione deve essere visto in modo positivo anche guardando all’aspetto del livello occupazionale.
Infatti, secondo una stima di dati annunciati recentemente a Milano dal presidente di Assolombarda, si stima che la rivoluzione digitale in atto porterà ad avere una diminuzione di occupati pari a 6.000.000 di persone, prevalentemente operai. Però proprio questa evoluzione tecnologica porterà alla creazione di 8.500.000 di nuovi posti di lavoro, rappresentati da persone con nuove ed innovative competenze.
È fin troppo chiaro che il primo e più importante cambiamento deve essere fatto sulle risorse umane, informando e formando il personale per trasferire le competenze e le abilità utili a governare il cambiamento e far evolvere la competitività delle imprese.
Quindi innova, cambia e realizza quello che serve al mercato, lui non ti attende!
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