L'audizione in Senato

Codice Appalti, per le imprese è urgente dare stabilità al quadro normativo

La necessità di apportare modifiche al Codice degli Appalti è tornata alla ribalta nel corso di un’audizione in Senato, dove associazioni di categoria ed esperti hanno spiegato le loro necessità e perplessità. In primis, emerge la necessità di leggi chiare che spieghino adeguatamente come muoversi nel mondo degli appalti

Pubblicato il 14 Feb 2019

Maurizio Gardini

Presidente di Confcooperative e copresidente dell’Alleanza delle Cooperative

Nuovo-codice-appalti

Le imprese in materia di appalti hanno l’esigenza di poter far riferimento a un quadro normativo stabile, che non sia sottoposto a continui cambiamenti. Questa urgenza è stata portata nuovamente  all’attenzione del Governo nel corso dell’audizione sul Codice degli appalti che si è svolta in Senato mercoledì 13 febbraio. Esperti e associazioni di categoria hanno messo in evidenza che sono trascorsi tre anni dall’entrata in vigore del codice, ma molte sono ancora le incertezze e le criticità da affrontare.

Sin da subito, con l’entrata in vigore del Codice nel 2016 gli effetti della riforma sugli investimenti disponibili, e di conseguenza sui lavori, si sono rivelati drastici, seppure con un parziale recupero nei due anni successivi. È quindi opportuno e condivisibile che il Governo avvii un percorso di revisione e il Parlamento apra alle consultazioni con gli operatori economici, ma alcune prime modifiche al Codice devono essere apportate in tempi più brevi di quelli necessari all’approvazione della legge delega e dei decreti attuativi.

Cosa tenere e cosa modificare del Codice Appalti

Due sono gli aspetti positivi da segnalare nell’impostazione del Codice. Uno è l’obbligo di utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: l’articolo 95 è una grande conquista che recepisce la normativa comunitaria e che va difesa. Il secondo riguarda poi il favor per le Pmi con la divisione in lotti e requisiti di partecipazione, che favorisce l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese.

Diversi invece sono gli aspetti che ancora devono essere realizzati in maniera efficace. Tra questi:

  • la funzione di programmazione degli enti locali, più volte rinviata;
  • la digitalizzazione delle procedure, entrata in vigore solo da alcuni mesi e in modo disomogeneo;
  • la gestione centralizzata di tutte le banche dati pubbliche del settore, fondamentale per la sburocratizzazione e fonte di reale trasparenza;
  • la qualificazione delle stazioni appaltanti sulla base di strutture organizzative idonee, di competenze specifiche, prevenzione dei rischi di corruzione, sistemi di gestione della qualità;
  • la cosiddetta Cabina di regia, prevista all’articolo 212 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui ruolo deve essere “rivitalizzato”.

Due punti meritano poi un’attenta valutazione: la centralizzazione e la rotazione. Sembra velleitario il proposito di tagliare il 95% delle stazioni appaltanti, e soprattutto nei servizi sociali chi bandisce un appalto non può essere troppo distante dal luogo in cui il servizio viene erogato, in un’ottica di sussidiarietà e prossimità ai territori. Quello della rotazione poi è un principio non previsto dalle direttive dell’Unione Europea e che è risultato macchinoso, fonte di incertezze applicative, eccessive rigidità e non adatto a realizzare quei principi di concorrenza e parità di trattamento che si poneva di raggiungere.

Idee per superare la stagnazione

L’Alleanza delle Cooperative propone di:

  • assicurare il chiarimento dei profili di responsabilità amministrativa, erariale e penale dei funzionari pubblici, al fine di evitare il blocco della firma;
  • la modifica della disciplina della solidarietà all’interno dell’ATI, per evitare il contagio del sistema a causa delle crisi aziendali scoppiate nell’ultimo periodo;
  • la revisione della normativa sul subappalto, con particolare riferimento alle limitazioni all’utilizzo in fase di esecuzione e di qualificazione e all’obbligatorietà dell’indicazione di una terna di subappaltatori; l’individuazione di mezzi alternativi di risoluzione delle controversie in fase di esecuzione, rivedendo la disciplina dell’accordo bonario, dell’arbitrato, della transazione e il ripristino del collegio consultivo tecnico; la semplificazione del percorso deliberativo per il finanziamento e la progettazione delle opere pubbliche, in relazione al ruolo del CIPE, della Corte dei Conti, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e delle conferenze dei servizi;
  • il superamento del principio di rotazione negli affidamenti sotto soglia.

Sarebbe bene inoltre assicurare certezza circa i tempi di programmazione, svolgimento e conclusione delle procedure di aggiudicazione dei contratti e l’effettiva applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Per il futuro: semplificare e ridurre i tempi

Gli ambiti di modifica presenti nella consultazione toccano tutte le principali problematiche sollevate anche dall’Alleanza delle Cooperative Italiane sin dall’emanazione del nuovo Codice. Ci auspichiamo quindi che vengano portati avanti con decisione nell’ottica di una semplificazione che consenta di realizzare quei lavori necessari a rimodernare il nostro Paese, che vive criticità infrastrutturale sempre più gravi. In questo quadro è fondamentale che si affermino alcuni principi essenziali, tra cui l’effettiva tutela degli operatori nel processo competitivo, la certezza dei tempi di programmazione, svolgimento e conclusione delle procedure di aggiudicazione di contratti oltre a una ragionevole diminuzione del contenzioso e l’effettiva applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Occorre poi costruire una nuova relazione tra pubblico e privato basata su un clima di fiducia, necessario per realizzare opere che siano in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini e migliorino la gestione della pubblica amministrazione.

Un’esigenza, quella di rendere più efficace l’azione della Pa, emersa anche nel “Rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche”, realizzato dall’Agenzia per la coesione territoriale. L’analisi evidenzia come resti sostanzialmente invariata la media dei tempi di realizzazione delle opere (4,4 anni nel 2018 contro 4,5 anni nel 2014), mentre si contrae la durata delle opere più piccole per effetto di una riduzione dei tempi di progettazione e si allungano i tempi di realizzazione delle opere più grandi (oltre i 50 milioni di euro) per effetto dell’allungamento dei tempi di tutte le fasi. E ancora il peso dei tempi di attraversamento, ossia l’intervallo temporale che intercorre tra la fine di una fase e l’inizio della fase successiva) rappresenta ancora il 54% dei tempi complessivi.

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