L'approfondimento

Fascicolo sanitario elettronico 2.0, così l’Italia rilancia sulla Salute digitale

La normativa sul Fascicolo sanitario elettronico è stata profondamente cambiata, trasformando questo strumento nel principale mezzo per la governance della sanità digitale e la sorveglianza del Sistema Sanitario: per una corretta attuazione nelle regioni, vengono adottate anche nuove linee guida

Pubblicato il 19 Apr 2022

Maria Cammarota

Direttore Generale Assinter Italia

Mauro Moruzzi

Presidente Scuola di Welfare Achille Ardigò, responsabile Scientifico Assinter Academy

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Il Fascicolo Sanitario elettronico 2.0 è legge, con il DL numero 4 del 27 gennaio 2022 convertito dal Capo dello Stato il 28 marzo 2022 (legge numero 25).

La vecchia legge del 2012, che ha regolato in maniera inappropriata l’istituzione del primo FSE nelle regioni italiane, è stata profondamente modificata. Il Fascicolo Sanitario Elettronico diventa il mezzo principale di sorveglianza del sistema sanitario e di governo della sanità digitale – oltre a strumento essenziale per fornire i dati per la cura e la presa in carico del paziente – sotto la supervisione dell’agenzia ministeriale AGENAS. Vengono adottate nuove linee guida per una nuova implementazione del FSE in tutte le regioni, necessarie a garantire l’interoperabilità del Fascicolo a livello regionale, nazionale ed europeo

Sono passati esattamente vent’anni e due mesi da quando il sociologo Achille Ardigò, co-fondatore di Cup2000, salì le scale del palazzo della Regione Emilia Romagna per proporre – in prima battuta senza grande successo – la messa in rete del primo Fascicolo Sanitario Elettronico del cittadino. Per raggiungere l’attuale traguardo, sconfiggendo le resistenze e le diffidenza della burocrazia sanitaria, ci sono voluti due decenni di accese discussioni, convegni e pubblicazioni, e una pandemia tra le più insidiose della storia dell’umanità.

Il FSE 2.0 con il PNRR? Risolviamo prima i vecchi problemi

Fascicolo sanitario elettronico, cosa cambia

AGENAS assume il ruolo Agenzia per la Sanità Digitale (ASD) sostituendo la vecchia AGID. Il Ministero della Salute e il MEF – i due attori istituzionali che hanno in questi decenni avuto di fatto la responsabilità della sanità digitale – vengono affiancati, oltre che da AGENAS, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri “competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale” (il Dipartimento del Ministro Colao). Lo staff del Ministro Colao ha infatti svolto in questi mesi – utilizzando principalmente know How e competenze e provenienti principalmente dal sistema delle società in-house delle Regioni – un pregevole lavoro di riprogettazione del Fascicolo Sanitario Elettronico.

L’ecosistema dei dati sanitari

Viene creato l’EDS – l’Ecosistema Dati Sanitari – alimentato dai dati trasmessi dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie, dagli enti del servizio sanitario nazionale e da quelli resi disponibili tramite il sistema della Tessera Sanitaria. L’EDS è basato su un Data repository centrale alimentato dai dati acquisiti e validati tramite una apposita componente di interoperabilità chiamata Gateway che, in modalità multi-ente, sarà distribuito sul territorio ed installato a livello locale.

Anche la gestione dell’EDS è affidata all’AGENAS, che la effettua in qualità di responsabile del trattamento per conto del Ministero della Salute. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, nella qualità’ di Agenzia nazionale per la sanità digitale e di gestione dell’EDS, “metterà a disposizione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie specifiche soluzioni software, necessarie ad assicurare, coordinare e semplificare la corretta e omogenea formazione dei documenti e dei dati che alimentano il FSE”.

Linee guida e monitoraggio

Tutto questo verrà fatto garantendo “linee guida, contenenti, regole, guide tecniche, codifiche, classificazioni e standard necessari ad assicurare la raccolta, la conservazione, la consultazione e l’interscambio di dati sanitari da parte degli enti del servizio sanitario nazionale e dei soggetti pubblici e privati che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie ai cittadini italiani e agli altri soggetti che hanno titolo a richiederle”.

L’Agenzia garantirà anche “il monitoraggio periodico sull’attuazione delle linee guida e il controllo della qualità dei dati sanitari raccolti; la promozione e la realizzazione di servizi sanitari e socio-sanitari basati sui dati; la certificazione delle soluzioni IT; la gestione della piattaforma nazionale di Telemedicina”.

In sede di dibattito parlamentare è stato poi aggiunto un significativo rafforzamento del FSE: “Ogni prestazione sanitaria erogata da operatori pubblici, privati accreditati e privati autorizzati è inserita, entro cinque giorni dalla prestazione medesima, nel FSE”. “Nel caso di inerzia o ritardo nella presentazione o nell’attuazione del predetto piano di adeguamento si procede all’esercizio del potere sostitutivo”, recita sempre la nuova legge.

Fascicolo sanitario elettronico, i 5 cambiamenti fondamentali

Riassumendo abbiamo ben cinque novità rilevantissime per la nuova sanità nazionale e non soltanto per quella digitale:

  1. entrano in vigore con la nuova legge le linee guida nazionali per il Fascicolo Sanitario elettronico (FSE 2.0) che regoleranno i piani di adeguamento delle Regioni per i fascicoli regionali i quali vanno definiti rapidamente, entro tre mesi. Se le regioni non li faranno nei tempi stabiliti, verranno per legge sostituite dal potere centrale in questa funzione perché tutti gli italiani devono poter usufruire del FSE e l’FSE deve raccogliere tutti i dati delle prestazioni sanitarie del SSN. Le linee guida prevedono che il fascicolo poi non sarà solo composto da documenti sanitari ma anche da dati dell’assistito in formato strutturato, secondo standard e regole di interoperabilità predefinite che gli enti erogatori (ASL, Istituti, ecc.) dovranno rispettare all’origine;
  2. Tutti i dati-referti di prestazione sanitaria erogata in Italia dagli operatori e strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private autorizzate vanno obbligatoriamente – per legge – inseriti, entro cinque giorni dalla stessa prestazione, nel FSE;
  3. Presso AGENAS sarà attiva la Piattaforma Nazionale di Telemedicina che regolerà la funzione delle piattaforme regionali e dei ‘verticali’ e dell’attività medica a distanza, raccogliendone le informazioni;
  4. È istituito, sempre sotto la gestione di AGENAS – l’EDS, l’Ecosistema dei dati sanitari per la ricerca scientifica e la programmazione sanitaria, che si avvarrà delle nuove tecnologie di AI e Big Data; ma anche l’Agenzia nazionale per la Sanità Digitale (ASD) che assume un ruolo guida nazionale nella governance della digitalizzazione e dell’innovazione dei servizi sanitari;
  5. Le nuova legge assegna, come è evidente, ad AGENAS un potere notevolissimo – prima in capo a diverse realtà istituzionali (MDS, MEF, Regioni, AGID, ecc.) – di governo di tutta la sanità digitale e, in presenza di un radicale cambio del medium, di governo di fatto del servizio sanitario.

Gli interrogativi

Le novità sono significative e certamente per molti versi auspicate. C’è però da chiedersi se – in una prospettiva olistica (One-Health) e di Nuovo Welfare che come una co-meta accompagna tutto il piano di investimenti del PNRR per il superamento dell’emergenza Covid-19 e per una nuova sanità nell’era Post-Covid – questo ribaltamento della governance e queste grandi strutture tecnologiche centrali sono coerenti con il disegno culturale. Il FSE è il nuovo medium digitale della rivoluzione a-burocratica della sanità di comunità post-Covid. Finalmente questo obiettivo strategico è stato pienamente condiviso e fatto proprio dal Governo Draghi dopo anni di ingiustificate incomprensioni politiche e perfino scientifiche[1].

Resta l’interrogativo se le nuove piattaforme ed entità tecnologiche centrali siano coerenti con la rivoluzione comunicativa richiesta al mondo della salute-sanità italiana o possano, diversamente, irrigidire ancora di più il sistema di welfare nazionale nel rapporto tra stato (centrale) e comunità (regionali, locali) e cittadini. O addirittura trasformarsi – come qualcuno teme – in una specie di centralizzazione del potere digitale, una zaibatsu giapponese dei dati di salute.

L’interrogativo non deve apparire assolutamente una critica allo sforzo, per altro del tutto apprezzabile e innovativo, che, come si diceva, il Governo ha messo in atto in termini di riforme e di progettualità sul PNRR e sulla sanità digitale. Si riferisce invece allo scenario, alle architetture, alle coerenze, agli attori della nuova vision olistica e partecipata della salute che si vuole costruire. In uno scenario reso per altro più complesso e difficile dalla guerra, dalla necessità di spostare solidarietà e ingenti risorse nella difesa della democrazia e della libertà in Europa.

Le sfide dopo la pandemia

Durante il periodo Covid l’Europa ha cercato di costruire, non senza difficoltà, una risposta comune all’emergenza Covid-19 e per la prima volta anche un welfare europeo, con un vasto piano economico e di riforme. Nel 1942 l’Inghilterra, con il Rapporto Beveridge, seppe varare, in piena Seconda Guerra Mondiale, le fondamenta del welfare state dell’era moderna. Così oggi, anche di fronte ai nuovi scenari di guerra e a milioni di profughi, non c’è ragione per pensare che lo sforzo per creare un nuovo welfare europeo ‘di qualità diversa’ non debba proseguire in termine di impegno economico, di alta progettualità e di nuova solidarietà.

Ma oggi, a differenza di settanta anni fa, questa progettualità sociale – e in particolare quella riferita alla riprogettazione del servizio sanitario – deve nascere da due fattori: una rinnovata efficienza dello stato centrale e dei suoi strumenti di controllo e programmazione; un vero coinvolgimento degli utenti dei servizi e delle comunità locali e ovviamente delle enormi potenzialità del medium digitale del tempo di Internet. Anche perché è lo stesso medium a generare ‘comunità digitali’ sia lato utenti sia lato professionisti del welfare che sono ormai protagoniste della innovazione tecnologica.

È vero infatti che sono state queste comunità a produrre i ‘picchi di innovazione’ (il FSE. la TMD, la CCE, le prime esperienze di AI applicate al percorso di cura, ecc.) che oggi cerchiamo di generalizzare come modelli nazionali o addirittura europei di innovazione tecno-sociale del welfare. Ma è altrettanto vero che l’innovazione digitale nella sanità italiana ha avuto diversi validi interlocutori nelle regioni più dinamiche e una debolissima guida nazionale. Così la diffusione nazionale delle innovazioni è stata resa difficile da un alto tasso di burocrazia centrale.

L’approccio One Health

La sfida è infatti duplice. Da un lato è quella di progettare (e co-progettare) anche in Italia una nuova sanità e il nuovo welfare di dimensione olistica e di comunità. La Sanità One-Health fortemente partecipata e fortemente digitale. Dall’altro occorre garantire una efficace Governance centrale-regionale della sanità digitale, dei dati, che assecondi questo sforzo per non ricadere nella frammentazione degli ultimi venti anni. Forse l’individuazione di una struttura centrale ad alta efficienza prevista dalle legge n.25 cerca di rispondere a questo obiettivo. È si deve sperare che ciò possa avvenire rafforzando il coinvolgimento non solo delle regioni, ma dei punti ad alta innovazione del paese, comprese le aziende ICT in-House e di mercato che hanno saputo guadagnarsi la prima fila.

Le opportunità del PNRR

Il PNRR – da cui provengono i soldi che stiamo utilizzando – parla di Sanità One-Health, intesa come nuova cultura ecologica del genere umano rispettosa degli animali e dell’ambiente in cui viviamo. Il PNRR ci spinge poi nella direzione di un Welfare di Comunità, dove il problema dello ‘star bene in salute’ non è limitato alla ‘cura’ e nemmeno alla sola ‘prevenzione’. Ma all’insieme delle azioni, degli interventi, dei progetti, norme e policy che istituzioni imprese, società civile organizzata e famiglie realizzano per creare un senso condiviso di benessere e una Vita Buona. La salute (e la sanità) riempie in maniera olistica questa Vita Buona ma nello stesso tempo richiede altre cose che sono gli ingredienti del vivere bene, soprattutto un ambiente sano e culturalmente stimolante.

Con il Covid-19 abbiamo appreso infatti come la salute degli animali e dell’ambiente abbia un impatto diretto su quella dell’uomo, in un sistema continuamente interconnesso. La salute è di tutti gli esseri viventi sulla Terra che devono fare un “accordo di comunità” impegnandosi in uno sforzo globale e quotidiano consapevoli della stretta relazione esistente tra la salute e l’ambiente. La pandemia Covid ci ha inoltre insegnato che i problemi sanitari sono complessi e che non hanno confini territoriali.

Ma la cultura One Health proposta dal G20 e dal PNRR richiede anche, per essere attuata, una nuove governance della comunicazione in sanità. Una nuova governance digitale. Chi ha partecipato a questo sforzo negli ultimi venti anni sa quanto sia complesso e difficile trasformare indicatori di policy ed esperienze locali innovative in progetti di salute e sanità coerenti nella dimensione nazionale, regionale e locale della comunità. Se non si coinvolgono al tempo stesso i cittadini e i medici, gli operatori sanitari e le strutture di governo nazionali e regionali del SSN.

Si tenga poi in considerazione che per affrontare correttamente gli indicatori di rischio di una politica One-Health, occorre conoscere e analizzare l’insieme dei fattori e le minacce che incombono nel rapporto uomo-animale-ambiente. Pertanto queste strategie di prevenzione accrescono la consapevolezza che la tutela dell’equilibrio degli ecosistemi e la biodiversità sono azioni prioritarie per ridurre il rischio per la salute. Ma richiedono anche una massa enorme di informazioni e di dati raccolti, analizzati con un approccio One Health e con strumenti di IA e Machine Learning.

Per rendere operativo l’approccio One-Health è necessaria la collaborazione di tutti e ciò è raramente senza complicazioni. Occorre investire sulle competenze digitali dei professionisti ma anche dei cittadini, rendere tutti consapevoli su quanto sia importante il cambiamento culturale orientato a nuovi modelli di prevenzione e preparazione, chiedere al governo e agli enti regionali e locali di lavorare con maggiore uniformità e meno frammentazioni, produrre e scambiare sempre più dati in formato digitale, superando la logica a silos, per incentivare decisioni data-driven. In altre parole occorre ampia partecipazione e ampia co-progettazione dei piani locali con i cittadini, assieme ad una salda governance.

Il ruolo del digital

Il digitale, per assecondare queste policy, deve poter diventare popolare e partecipato e non solo un sistema entificato. Con i social si fa e si può fare comunità. Con il FSE, la Telemedicina e nuove competenze digitali – i grandi investimenti del PNRR – si possono aprire nuove porte di accesso al welfare. Con i Big Data si può dare un’arma formidabile di conoscenza nelle mani delle comunità locali. Perfino il Digital Twin – il gemello digitale – un obiettivo del programma di alcune grandi Amministrazioni Comunali europee come Bologna e Barcellona – diventa prezioso strumento tecnologico per la persona e la comunità.

L’obiettivo è infine quello di dare sostanza al Welfare di Comunità – e quindi anche all’attuazione del PNRR – seguendo con lo studio, la ricerca, la coprogettazione nel territorio – le azioni delle amministrazioni locali rivolte alla sanità di comunità e soprattutto alla realizzazione delle Case di Comunità. Le Case di Comunità, in particolare, devono diventare – come vuole il PNRR – una nuova porta di accesso al SSN e a una salute One-Health. Oggi l’unica vera porta di accesso ai servizi sanitari è rappresentata dal Pronto Soccorso e sempre meno dai medici di famiglia. Sono gli stessi MMG che in più occasioni ci hanno allarmato per questa situazione raccontandoci le difficoltà del loro lavoro. Questa nuova porta va costruita assieme ai cittadini, ai medici e agli operatori sanitari e con l’aiuto del medium digitale, dell’FSE e della TMD.

La sanità e la salute dipendono sempre più dalla nostra capacità di accedere al medium digitale. Le Case di Comunità dovranno essere anche una porta di accesso a questo mondo. Un punto di incontro tra competenze di generazioni diverse. Come già si sta facendo con le Scuole dove i ragazzi imparano a usare il digitale e l’FSE per i nonni. Nelle Case di Comunità si trova l’anello di congiunzione tra il sistema salute dematerializzato e l’abitazione ‘come luogo di cura’.

Salute e digitalizzazione, due riflessioni

Può essere utile concludere queste riflessioni con due significative testimonianze sul rapporto tra la salute e il nostro futuro. Una è del sociologo Niklas Luhmann e l’altra è del cardinale Matteo Zuppi. Riflettendo sul futuro, sullo straordinario utilizzo di dati e tecnologie per predire il tempo che verrà, e quindi anche Il futuro del nostro corpo e della nostra salute, Niklas Luhmann notava che il rapporto con il tempo stabilitosi nella modernità è peculiare. Noi stiamo cercando tecnologie capaci di rendere il futuro agibile nel presente. Il futuro viene così “defuturizzato” diventando l’orizzonte dell’odierno e facendo questo lo rendiamo per definizione irraggiungibile. Anche le politiche pubbliche cadono in questa illusione. Dobbiamo far uscire la società da questo incantesimo la cui pericolosità si sta palesando di giorno in giorno. E questo può avvenire riappropriandoci dei nostri corpi e delle nostre relazioni[2].

In una recentissima riflessione, il Cardinale di Bologna Matteo Zuppi – che è stato sempre vicino al Papa Bergoglio nella difficile pastorale sociale – cita i fenomeni di isolamento, solitudine, denatalità rimarcando che tutto questo porta a “città sempre più piccole e di vecchi”. “Credo che sia sempre utile il confronto con le statistiche ma la statistica non è l’oroscopo. I dati, invece, avvertono che siamo e saremo sempre di più un’Europa, una regione e quindi delle città di vecchi.” Aggiunge poi: “Dobbiamo fare tesoro di quello che è successo con la Pandemia. Occorre garantire il più possibile che si possa restare a casa”. Il digitale del PNRR deve servire a questo.

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Note

  1. il Piano sanitario del Ministro Renato Baldazzi, ancora nel 2012 non comprendeva l’FSE perché ritenuto dal ministero un obiettivo ‘non sanitario’.
  2. da una riflessione di Luigi Pellizzoni (Università di Pisa) ‘Quando inizia il futuro? Sull’orizzonte temporale della tarda modernità.’ Festival Nazionale della Sociologia, 2022

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