fascicolo sanitario

FSE 2.0, Assinter: “Le in-house tech regionali entrino nella governance”

I fondi PNRR saranno erogati se, entro la fine del 2025, il FSE sarà alimentato dall’85% dei medici di base e se entro giugno 2026 sarà adottato da tutte le Regioni: ma per far funzionare il FSE 2.0 servirà una governance integrata. Cosa prevedono le nuove linee guida, l’architettura e i requisiti del FSE 2.0

Pubblicato il 09 Mag 2022

Maria Cammarota

Direttore Generale Assinter Italia

Mauro Moruzzi

Presidente Scuola di Welfare Achille Ardigò, responsabile Scientifico Assinter Academy

fse - fascicolo sanitario elettronico - FSE 2.0

L’FSE 2.0 (Fascicolo sanitario elettronico 2.0) è nato in Italia nel periodo post-COVID19/PNRR, per volere del Governo Draghi e delle Regioni. Se avrà successo, cambierà il paradigma burocratico su cui regge l’impianto del vecchio sistema di assistenza in cui, nonostante gli enunciati dell’antica legge di riforma del 1978, i cittadini svolgono un ruolo passivo e i medici, di famiglia e specialisti, non hanno validi strumenti per comunicare tra di loro in funzione del paziente.

Fascicolo sanitario elettronico 2.0, così l’Italia rilancia sulla Salute digitale

Linee guida FSE 2.0: gli obiettivi specifici e il legame con il PNRR

Le nuove linee guida nazionali dell’FSE 2.0, approvate dalla Conferenza Stato-Regioni a fine aprile, delineano un percorso di circa cinque anni che ha l’obiettivo di far utilizzare il Fascicolo a oltre sessanta milioni di italiani, a tutti i medici e agli operatori del sistema sanitario pubblico e delle strutture accreditate, private, a ogni professionista della sanità.

Gli operatori potranno accedere, consultare, condividere (nel rispetto delle norme a tutela della privacy) le informazioni clinico-sanitarie dell’assistito per un miglior percorso di cura.

Fascicolo sanitario elettronico, così il Governo cerca di farlo funzionare

I cittadini avranno straordinarie possibilità di autogestite i propri dati di salute in una prospettiva di “Patient Empowerment”.

La conoscenza dei dati di tutti gli FSE degli italiani, in forma anonimizzata, dovrà diventare il driver delle istituzioni locali, regionali e nazionali per l’analisi e il monitoraggio del fabbisogno, la programmazione dell’offerta di prestazioni, la ricerca.

Qualcosa di grandioso, voluto e perseguito con tenacia dal gruppo di lavoro costituito dal Governo in collaborazione con le Regioni. Un gruppo di lavoro che ha utilizzato competenze dai centri territoriali di innovazione e dalle società ICT in house delle Regioni (Emilia Romagna, Lombardia e altre) e che ha ideato e reso possibile negli anni questa straordinaria innovazione. Perché, è bene ricordarlo, nulla di tutto questo è nato negli uffici della burocrazia centrale.

Il progetto è coerente con gli obiettivi del PNRR, i cui fondi saranno erogati se l’85% dei medici di base alimenterà il fascicolo sanitario elettronico entro la fine del 2025; e sempre se, entro giugno 2026, tutte le Regioni e Province Autonome avranno adottato e utilizzeranno l’FSE.

Le linee guida, infatti, diventano la base per l’attuazione, nel periodo 2022-2026, dell’FSE “sintetizzando ed emendando tutte le precedenti raccomandazioni”, inclusa la Governance che “armonizza e sovrascrive integralmente la Governance precedentemente definita.”

Il gruppo interministeriale[1], coordinato dal team del Ministro Colao, ha svolto un ottimo lavoro anche se avrebbe potuto fare di più ampliando il coinvolgimento dei soggetti protagonisti dell’FSE (network società ICT in house e Regioni).

Come spesso accade in ogni riforma di grandi opere sociali, è nello stato delle cose che sia prevalsa la tendenza a sottovalutare il lavoro di questi innovatori iniziali.

FSE 2.0: cosa non ha funzionato nella versione precedente

Il nuovo impianto proposto dal Governo centrale, infatti, marca i limiti dell’esperienza precedente dell’FSE (‘FSE 1.0’).

Si è sviluppato prevalentemente in alcune regioni e non in altre, a partire dal secondo decennio del Duemila.

Non rappresenta ancora un punto di riferimento per acquisire informazioni per la salute nonostante sia cresciuta la propensione dei cittadini a utilizzare i canali digitali in sanità (oltre il 60%).

È scarsa la conoscenza del fascicolo tra i cittadini (solo i pazienti cronici lo conoscono per il 73% e lo utilizzano per il 37%). I medici di famiglia lo usano solo in poche regioni (al 100% soltanto in Emilia Romagna). Le Aziende Sanitarie ne fanno un uso scarso almeno nella metà delle regioni italiane.

Nonostante le indicazioni della legge istitutiva del 2012-13, le istituzioni sanitarie centrali e regionali non usano i dati dell’FSE per finalità di governo e non vi è, di fatto, alcun utilizzo per finalità di ricerca.

Inoltre, l’alimentazione del Profilo Sanitario Sintetico (Patient Summary), in assenza di appositi accordi contrattuali con MMG e PLS, è quasi nulla. Solo in una Regione il Patient Summary è alimentato da più del 50% dei medici.

Si potrebbero fare diverse annotazioni rispetto a queste critiche che vengono rivolte alla precedente esperienza (2005-2020) dell’FSE in Italia.

Così com’è singolare che rinomate istituzioni accademiche italiane si siano poi specializzate prevalentemente nell’analizzare le cause dell’insuccesso. Per intenderci, l’opposto di quanto è avvenuto con Internet – la più grande innovazione del 20º secolo – che è partita da quattro grandi università statunitensi e si è diffusa in tutto il mondo.

Ci limitiamo, in questa sede a fare una sola considerazione.

La mancata diffusione del Patient Summary come documento costitutivo dell’FSE non riflette un limite del Fascicolo ma dello stato frammentario di informatizzazione-comunicazione del sistema sanitario nel rapporto con i MMG e i PLS.

Nonché delle Cartelle cliniche elettroniche impiegate, necessarie per compilare il Patient Summary in modo efficiente estraendo automaticamente tutti i dati.

Ma perché i MMG dovrebbero impiegare tempo e denaro per adeguamenti tecnologici e cambiamento di modalità di lavoro se i dati raccolti sono incompleti e il ciclo del loro utilizzo, di fatto, li esclude? Se l’intera materia non è stata adeguatamente contrattualizzata a livello centrale e regionale?

Se in Emilia-Romagna tutti i medici di medicina generale (4.000) e tutti i pediatri di libera scelta (500) sono da anni collegati all’FSE, attraverso le loro cartelle cliniche elettroniche, è perché fin dal 2005 la Regione ha contrattualizzato in modo preciso e incentivante (con un impegno di circa 20 milioni di euro annuali) la loro adesione al Fascicolo. Era sufficiente che la buona pratica fosse messa a fattor comune tra le regioni italiane.

FSE 2.0: cosa servirà per farlo funzionare

La diffusione dell’FSE in Italia in modo omogeneo per tutti gli italiani dipende quindi da due fattori: la governance integrata tra sistema sanitario e sanità digitale; la creazione di un sistema di collaborazione tra centro e periferia ma soprattutto tra le regioni e le loro in House per la diffusione dell’innovazione, delle buone pratiche.

Questo è particolarmente importante nel momento in cui le linee guida dell’FSE 2.0 prevedono una gigantesca azione di standardizzazione, di omogenizzazione e di nuova implementazione del Fascicolo in un arco di tempo estremamente limitato: pochi anni, rispetto ai venti del periodo precedente.

Occorre una governance che istituisca tra le Regioni, ma anche tra le aziende ICT in House, tavoli di lavoro multidisciplinari e che, avvalendosi di strumenti regolatori tempestivi, ne validi e ne prescriva i risultati, ingaggi le regioni meno strutturate, coinvolga gli enti di standardizzazione, si rapporti ai vendor per adeguare le soluzioni informatiche di alimentazione dell’FSE.

Assinter – il network nazionale delle aziende ICT in-house che agisce di concerto con la Conferenza delle Regioni – ha proposto di istituire a questo scopo un centro di competenza per superare la disomogeneità nell’implementazione del nuovo FSE e riequilibrare le competenze su scala interregionale.

Il soggetto istituzionale che rappresenta i centri più importanti dell’innovazione sul territorio rappresenta una garanzia per la realizzazione del progetto.

Infatti, le direttrici di azione su cui si sviluppano le Linee Guida agiscono su quattro dimensioni e sono fortemente interconnesse rispetto ai servizi, ai contenuti, all’architettura e alla governance:

1. garantire servizi essenziali per un’offerta di prestazioni di sanità digitale omogenea e uniforme su tutto il territorio nazionale;

2. uniformare i contenuti, in termini di dati e codifiche adottate, per assicurare la coerenza semantica nel produrre le informazioni che alimentano l’FSE, la possibilità di impiego delle stesse nei processi di prevenzione e cura e l’interoperabilità tra organizzazioni e sistemi sanitari;

3. rafforzare l’architettura, per realizzare una infrastruttura di FSE composita di dati e documenti clinici, capace di interoperare con i sistemi informativi in uso presso le diverse strutture sanitarie del territorio;

4. potenziare la governance, per garantire la definizione e gestione delle regole di attuazione delle tre dimensioni (servizi, contenuti, architettura).

Gli obiettivi strategici sono, inoltre, così sintetizzabili:

semplificare e uniformare l’accesso e l’uso dei servizi del SSN per cittadini e operatori sanitari;

integrare e condividere dati clinici tra professionisti e strutture sanitarie;

supportare una sempre maggiore qualità e personalizzazione delle cure;

creare servizi di monitoraggio e analisi dei dati a supporto dell’azione degli organi di governo del SSN.

FSE 2.0: i requisiti nelle diverse fasi di attuazione

Sono stati poi definiti i requisiti di riferimento che l’FSE dovrà realizzare in ogni sua dimensione.

Alcuni requisiti sono obbligatori per il breve termine (entro i primi 12 mesi); altri vanno resi effettivi entro e non oltre la durata del PNRR.

Nel breve periodo, l’FSE sarà composto da un ecosistema di documenti e servizi standardizzati e omogenei a livello nazionale. Un ecosistema che risponde alle esigenze di ricerca e consultazione dei documenti clinici da parte di cittadini e operatori sanitari, nonché all’esigenza di accesso ai servizi amministrativi del SSN per finalità di cura, che agevolino la condivisione e la collaborazione tra professionisti.

Tutti i servizi all’utente saranno accessibili dal Portale dell’FSE, sia regionale che nazionale; l’interfaccia utente sarà unica e omogenea a livello nazionale.

I documenti clinici contenuti nell’FSE, in questa prima fase, sono limitati al ‘nucleo minimo’ più le vaccinazioni e le prescrizioni elettroniche acquisite dalle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate con il SSN.

L’obiettivo principale di questa prima fase è quindi la standardizzazione dell’FSE a livello nazionale per preparare il percorso di trasformazione verso un Fascicolo basato sui dati e sul suo utilizzo per la cura dei pazienti (requisito obbligatorio per la fase successiva).

Per abilitare questo percorso, verranno istituzionalizzati i processi di governance per disegnare e disciplinare il sistema di regole organizzative, cliniche, tecniche e giuridiche, di medio e lungo periodo, alla base della digitalizzazione delle strutture sanitarie pubbliche e private e funzionali alla attuazione e alimentazione dell’FSE.

FSE 2.0: cosa prevede la nuova architettura

La nuova architettura prevede di mantenere una struttura federata per la gestione dei documenti (in formato standard HL7 CDA2, con una rappresentazione “human readable” in formato PDF), distribuita sulle singole Regioni.

Prevede inoltre di mappare in standard FHIR e memorizzare i dati clinici acquisiti direttamente dai sistemi aziendali produttori (ASL, Istituti) in un Data Repository Centrale (e, laddove previsti, anche presso repository dati regionali alimentati dal flusso dal Data Repository Centrale).

Un Ecosistema Dati Sanitari (EDS) renderà poi disponibili questi dati per i servizi di prevenzione, diagnosi, cura, consultazione, sorveglianza epidemiologica e governo da parte di tuti gli attori del SSN a vario titolo coinvolti.

Nel documento si legge: “La presenza di repository che possano ospitare i dati clinici strutturati anche a livello regionale / aziendale è ad ogni modo opzionale, restando attribuito tale compito al Data Repository Centrale”. Inoltre: “I dati clinici prodotti dalle strutture sanitarie vengono acquisiti e validati dal Gateway ed alimentano oltre al Data Repository Centrale anche repository a livello regionale, nell’ambito degli FSE delle singole Regioni, per le finalità di prevenzione e governo, a livello aziendale / di struttura sanitaria (ASL/AO), per finalità di prevenzione e cura”.

Si suppone pertanto che i repository locali verranno realizzati riusando software e modello dati implementati per il Data Repository Centrale, garantendo aderenza alle regole di standardizzazione previste a livello nazionale.

Il Data Repository regionale si configura così come istanza di quello nazionale, contenente il solo subset di dati inerenti gli assistiti di competenza, ovvero di pertinenza. La realizzazione di banche dati basate su un unico modello dati a tutti i livelli dovrebbe semplificare il riuso dei servizi avanzati realizzati dai vari attori dell’ecosistema.

Quest’ultima soluzione appare non priva di criticità ed effettivamente un po’ ridondante in un sistema sanitario federato come quello italiano.

I dati generati dalle aziende sanitarie e validati dai Gateway possono essere contestualmente raccolti da un repository regionale e da un repository nazionale, senza prevedere complesse ricadute. Questo permetterebbe di implementare contestualmente forme di analisi di questi dati con tecniche di Machine Learning ed intelligenza artificiale, utilizzando le nuove tecnologie di estrapolazione Datalake a livello locale e centrale.

Insomma, dalle linee guida si evince che la realizzazione dell’FSE 2.0 è fortemente dipendente dalla capacità delle strutture sanitarie di produrre dati clinici puntuali e nativamente digitali, interoperabili e univocamente interpretabili. Ma anche dalla capacità delle Regioni di governare questo processo.

Manca il network delle in-house tech regionali

Le strutture sanitarie e le Regioni saranno in grado di intraprendere questo nuovo percorso virtuoso? Non si tratta soltanto di adottare la giusta tecnologia ma di applicare e personalizzare sul territorio il sistema di nuove regole organizzative, cliniche, tecniche e giuridiche alla base della digitalizzazione delle strutture sanitarie e applicare le linee guida e gli standard di riferimento che assicurino uniformità fra le Regioni.

La domanda non è retorica. I tavoli tecnici di standardizzazione, monitoraggio e di indirizzo dell’FSE avviati tra il 2016 e il 2017 hanno raggiunto buoni risultati in termini di specifiche tecniche prodotte, ma ciò non ha portato a concreti sviluppi sul terreno dell’interoperabilità e di una completa estensione nazionale del progetto. Emerge come punto di debolezza il processo di ingaggio tra le regioni e la possibilità di attivare sistemi di collaborazione tra le società ICT in-house regionali.

Un network tecnologico tra le aziende in House delle Regioni potrebbe supportare le istituzioni centrali e gli stessi enti regionali nella governance del progetto definito dalle linee guida. Le in-house regionali hanno infatti tutte le competenze, esperienza e know-how per lavorare sulla standardizzazione dei dati, sulle regole di interoperabilità, sulla certificazione, sugli standard.

L’evoluzione della piattaforma INI (Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità) e il raggiungimento di una piena interoperabilità tra gli FSE delle Regioni – con l’obiettivo di assicurare all’assistito la portabilità del suo fascicolo in caso di trasferimento di Regione – richiede una fattiva collaborazione fra strutture centrali (Sogei, Agid, Consip per il eProcurement) e le Società in-house regionali.

In altre parole, il successo del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 è affidato principalmente a una nuova governance che va creata nel dialogo tra le strutture centrali e regionali ma non secondariamente con forme di auto-coordinamento tecnologico dei centri regionali.

Se questo verrà fatto, allora potremo guardare con un po’ di fiducia al futuro.

FSE 2.0: come sarà nel 2026

Il nuovo Fascicolo, nella seconda fase prevista entro la durata del PNRR, sarà concepito come un ecosistema, oltre che di documenti e servizi, anche di dati.

Infatti, conterrà:

A. dati clinici direttamente prodotti dalle strutture sanitarie e archiviati nel Data Repository Centrale e in quelli regionali e aziendali;

B. documenti clinici prodotti a valle della validazione dei dati clinici acquisiti dai sistemi in uso presso le strutture sanitarie e archiviati nei repository documentali delle strutture sanitarie stesse (dislocati a livello regionale o aziendale).

I cittadini, oltre a poter ricercare e consultare i documenti clinici e utilizzare servizi amministrativi, potranno accedere con l’FSE a servizi di prenotazione e pagamento ma anche alle prestazioni di telemedicina, di emergenza-urgenza, di erogazione farmaci.

L’FSE diventerà punto di accesso per il cittadino al sistema sanitario, sistema che integra i CUP e le altre piattaforme della sanità digitale.

Obiettivo di questo secondo stadio da attuare entro la fine del PNRR (2026) è anche il Patient Empowerment: “l’FSE diventerà il principale strumento di informazione e di educazione sanitaria, con l’obiettivo di promuovere la consapevolezza del proprio stato di salute tra i cittadini”.

Il Fascicolo risponderà così alle esigenze di un cittadino che intenda sviluppare la conoscenza del proprio percorso di salute, malattia, cura e del rapporto con la professione medica nonché la conoscenza del proprio corpo.

Con “Il mio taccuino” – la My Page del cittadino – verranno acquisiti i dati di salute generati autonomamente dall’assistito (PGHD – Patient Generated Health Data) relativi ai percorsi di cura, importati da dispositivi medici esterni di vario tipo (come quelli indossabili e di monitoraggio dei parametri vitali).

Con “Il mio network” vi sarà la possibilità di partecipare a community di pazienti con patologie analoghe con cui poter condividere informazioni, esperienze e risultati raggiunti. I dati così raccolti consentono di realizzare servizi finalizzati a sviluppare una collaborazione attiva dei cittadini assistiti nei processi di prevenzione e cura, in ottica di evoluzione del rapporto medico-paziente.

Un disegno grandioso di cui non ci si può non rallegrare con le istituzioni governative e regionali che l’hanno proposto partendo da un lungo lavoro, durato anni, fatto dagli innovatori nei territori regionali. Una sfida affascinante.

Note

  1. Presidenza del Consiglio, Ministero della Salute, Ministero dell’Economia delle Finanze

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