Cybersicurezza

Frodi online, come i notai possono difendere i consumatori

Molti consumatori nutrono timore quando si tratta di acquistare online o chiudere contratti telematici. Si ha paura per la propria privacy o di furti. Di qui l’ipotesi di un “controllo certificato” affidato a un operatore-terzo. I notai potrebbero farlo ma l’Italia non è pronta

Pubblicato il 28 Dic 2017

Cesare Licini

notaio, componente del Consiglio direttivo Unione Internazionale del Notariato

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Una parte consistente del potenziale mercato telematico, fatto di contratti a distanza conclusi tramite siti web senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, è costituita da consumatori che ancora preferiscono comprare di persona nei negozi fisici. Entrando nel mondo del commercio elettronico, questi consumatori non riescono a superare la paura che negli invisibili percorsi del web sia violata la loro privacy, o la sicurezza nei processi di pagamento e nella protezione dei dati identificativi di accesso, o non si fidano che riceveranno gli acquisti o potranno respingerli.

Tutti questi potenziali utenti elettronici, ancora non sentono lo spazio digitale come un posto sicuro, e non accettano il veicolo telematico, perché non riescono a concedergli la propria fiducia. E’ anche abbastanza chiaro che non genera nuova fiducia, lasciare che provveda il contenzioso giudiziario, cioè il tribunale, a posteriori quando l’inconveniente si è già verificato.

Quello che servirebbe è un’interposizione preventiva, ex ante, pre-contenziosa, e questo “controllo certificato” può esistere solo se affidato all’intervento di un operatore-terzo, neutro, di fiducia condivisa (Trusted Third Party), che solennizzi l’affidabilità del sistema svolgendo una sorta di “test di legalità certificato”.

La tradizione dimostra che la solennità dell’intermediazione di un pubblico operatore-terzo e disinteressato come organo di validazione legale, cioè il versante pubblico della relazione, richiama autorevolezza in cui il cittadino riconosce l’alter ego da cui riceve quella certezza di protezione, che lo convince che può accedere al mercato online, finalmente presidiato da “procedure di giustizia, qualità e certezza”.

Sono scenari globali inediti che rivendicano principi nuovi e soluzioni originali, non meri adattamenti del “Vecchio Mondo”; una partita unica nella storia, in cui gli specialisti internazionali dei servizi giuridici si battono per affermare la propria visione del mondo, perché sanno che il modello vincente garantirà la supremazia giuridica. Anche il notaio è specialista di servizi giuridici e può contribuire alla conformazione delle regole del diritto digitale.

Di tutto questo si è discusso al recente Congresso del notariato europeo svoltosi a Santiago de Compostela.

Il notariato è partner naturale dello Stato nei programmi diretti a proteggere la legalità e la sicurezza dei circuiti economici e giuridici, per garantire l’interesse pubblico nelle materie che coinvolgono legalità, sicurezza e ordine pubblico dei mercati. I notai possono essere i custodi della neutralità informata del web, come lo sono già rispetto ai pubblici registri (market facilitators).

In questo quadro, i notai sono “notai-presidio” cioè “agenzie di prevenzione e contrasto” in qualità di terminali fiduciari e pubblici di controllo a capacità certificativa statale, in quanto pubblici ufficiali delegatari di funzioni pubbliche da parte dello Stato.

In questa prospettiva lo stesso programma della Commissione europea “Europa 2020” prevede un anello forte del sistema in generale, e di quello antiriciclaggio in particolare: sulle porte della legalità, il “notaio-presidio” identifica gli attori e può cogliere “segnali di allerta” o elementi visibili della filiera, secondo un modello efficiente che chiede di ricostruire assetti proprietari e sistemi di governance interrogando i registri pubblici e di alimentare “magazzini della trasparenza documentale”.

Il modello notarile, poi, fa sì che il costo sia minore della spesa che, a posteriori e senza notaio, si dovrebbe affrontare per ricostruire la certezza del diritto.

Ciò è tanto più vero anche davanti alla forte deriva dei mercati attuali verso la disintermediazione e l’abbattimento delle soglie formali di accesso al diritto. Questi argomenti sono normalmente poco conosciuti o del tutto ignorati, perché l’attenzione è tutta a facilitare le iniziative dei privati senza notaio, come nelle startup innovative ad accesso diretto nel registro imprese; mentre sono del tutto trascurati i presidi di contrasto dell’illegalità ai fini del tracciamento dei beneficiari effettivi, che impediscono l’aprirsi di varchi nel sistema, davvero criminogeni. Basti pensare che le startup innovative sono singolarmente adatte ad essere usate in modo distorto e anonimo per creare velocemente e con facilità strati su strati di paper companies (società di carta) che attraversano confini e giurisdizioni e rendono sempre più difficile tracciare il denaro.

Il crimine digitale si proietta verso quei Paesi in cui sono meno rigidi i controlli istituzionali, che chiamano tutti i malavitosi del mondo ad immigrare lì le loro società.

Sarà così anche in Italia dato che il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con la sentenza n. 10004/2017, si è pronunciato a favore della non necessità dell’intervento del notaio, surrogato online, a mezzo di documento informatico firmato digitalmente, in alternativa all’atto pubblico, con la disciplina che il MISE ha predisposto in attuazione del D.L. 179/2012 che ha introdotto nell’ordinamento italiano le società c.d. start-up innovative, nonché del D.L. 3/2015 dedicato alle “piccole e medie imprese innovative”. E ciò lascia del tutto indifeso il versante antiriciclaggio, perché l’art. 10 del d.lgs. 90/2017 di recepimento della IV Direttiva relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, esonera le P.A. dagli adempimenti prescritti agli operatori, e quindi anche i Conservatori dei Registri Imprese, onde quel lato dell’ordine pubblico presidiato dai notai, viene privato di ogni vigilanza in occasione della nascita attraverso iscrizione nel registro imprese, di un nuovo soggetto giuridico senza che nessuno abbia controllato la sua “purezza” antiriciclaggio.

Oggi bisogna alzare le barriere delle strutture pubbliche, non demolirle: bisogna confermare, contro ogni tentativo di disintermediazione (sottoscrizioni private on-line, telematicamente, a distanza, senza mediazione di certificazione pubblica e di presenza fisica davanti ad autorità nazionali, sull’altare del feticcio della piena libertà individuale), l’indispensabile intermediazione pubblica face-to-face del cliente davanti al pubblico ufficiale, nella rinnovata unicità del suo ruolo nelle strutture dell’ordine pubblico economico, anche nel “nuovo mondo digitalizzato e telematico”.

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